Crisi di Governo: cosa ne sarà del superbonus 110%?

Fare delle previsioni in questo momento è complicato. Le dimissioni del Presidente del Consiglio e del suo Governo sono l’unica certezza in un momento storico particolare con una crisi aperta senza un voto di sfiducia del Parlamento.

Crisi di Governo: nessuna sfiducia a Draghi

Pur essendo vero che al voto del Parlamento sulla fiducia richiesta dal Governo per la conversione in legge del Decreto Aiuti la principale forza politica (il M5S) si è astenuta, è altrettanto evidente che il Presidente del Consiglio Mario Draghi non sia mai stato sfiduciato.

Con un equilibrio parlamentare nettamente cambiato, l’attuale Governo ha sempre ottenuto la fiducia del Parlamento, anche se con apprezzamenti via via più deboli. E questa assenza di sfiducia è stato il motivo che ha spinto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a rifiutare le prime dimissioni di Mario Draghi.

In questi ultimi giorni il Presidente Draghi non ha mai chiesto apertamente un voto di fiducia, limitandosi solo a fare delle “comunicazioni” alle due camere. È evidente, però, che la scelta di lasciare fosse già stata presa perché figlia di altre considerazioni sulle quali si possono fare solo tante speculazioni e ipotesi.

Pochi dubbi sul futuro. Pensare ad un nuovo Governo che possa traghettare il Parlamento fino alle prossime elezioni, lo trovo altamente improbabile. Più semplice pensare a delle elezioni immediate che arriverebbero tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre.

Il futuro del superbonus 110%

Ma tra un futuro incerto e un comparto delle costruzioni in profonda crisi, la domanda è d’obbligo: che ne sarà del superbonus 110%?

Una domanda lecita si intreccia con la necessità per il Governo Draghi di rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti e un aria sempre più rarefatta che potrebbe generare la più grande morte economica delle decine di migliaia di imprese e professionisti che, credendo dello Stato, si sono esposte nel superbonus con progetti e lavori che prevedevano l’integrale sconto in fattura.

Soggetti che ad oggi, con zero possibilità di rivendere i crediti, chiedono a gran voce una risposta immediata perché non c’è più tempo da perdere. Il comparto è al collasso e si rischia di lasciare scheletri di cantieri in giro per l’Italia con effetti disastrosi sulla qualità della vita delle nostre città.

La soluzione? Se ne prospettano due.

Nella prima, tra il disbrigo degli “affari correnti”, l’attuale Governo, con il pieno appoggio del Parlamento, scrive un Decreto Legge con un solo articolo che risolva definitivamente il blocco della cessione di tutti i crediti edilizi rimasti nel limbo della Piattaforma Cessione dell’Agenzia delle Entrate. Una soluzione potrebbe essere solo quella di eliminare l’art. 57, comma 3 del Decreto Aiuti, affinché le ultime modifiche che consentono alla Banche la vendita ai propri correntisti business (con partita IVA) possano essere applicate a tutti gli sconti e le cessioni comunicate prima dell’1 maggio 2022. Questo sempre che Banche, , Poste Italiane e Cassa Depositi e Prestiti ricomincino ad avere fiducia nel sistema e ad acquistare i crediti anche delle imprese e dei professionisti.

Al contempo, si potrebbe pensare di aumentare il periodo di detrazione da 4 a 10 anni (come per gli altri bonus edilizi), in modo che chi ne ha le possibilità potrà scegliere di investire il proprio capitale per gli interventi di superbonus 110% e non utilizzare le opzioni alternative.

La seconda non è a breve e certamente non è la migliore: attendere la nascita di un nuovo Governo. Soluzione che prevede elezioni entro Ottobre e l’immediata formazione di un nuovo esecutivo che abbia il dovere di prendersi carico del collasso nel settore dell’edilizia come obiettivo primario. Il Presidente della Repubblica ha già sciolto le camere. La speranza è che nel frattempo il rischio di collasso non si sia trasformato in totale e reale implosione del comparto edile.

 

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