Costi economici e impatto ambientale: Bankitalia boccia il Superbonus 110%

Il Superbonus 110% non è una misura efficiente da un punto di vista economico, se messa in relazione all’obiettivo della riduzione delle emissioni previsto dalla UE per il 2030.

A precisarlo è lo studio di BankitaliaCosts and benefits of the green transition envisaged in the Italian NRRP. An evaluation using the Social Cost of Carbon”, nel quale si calcola la riduzione dei costi sociali delle emissioni di carbonio (Social Cost of Carbon – SCC) che ogni tipologia di intervento green legato ai fondi PNRR è in grado di produrre e con quali tempistiche, confrontati con il costo sostenuto per l’investimento  In particolare, viene stimato l’anno di pareggio dopo il quale il valore dei benefici ambientali supererà quello dei costi sostenuti per ottenerli.

Sostenibilità economica degli investimenti green nel PNRR: lo studio di Bankitalia

Dai risultati emerge che alcune di queste misure, tra cui proprio il Superbonus 110% non hanno un valore netto positivo, almeno sul breve termine, a differenza invece degli investimenti nelle energie rinnovabili, che invece hanno un ottimo vantaggio già a corto raggio.

Partendo dal dato generale che ben 71,7 miliardi del PNRR sono destinati a misure ambientali (37,5% del totale del Recovery Plan), il Superbonus 110% ha un costo di 13,95 miliardi di euro e potrebbe portare alla riduzione di 0,667 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, a partire dal 2027. Lo studio specifica che, oltre alla riduzione delle emissioni di gas serra, il Superbonus mira anche a stimolare l’attività economica nel settore delle costruzioni, che ha avuto un rendimento scarso negli ultimi anni e probabilmente ha ampi moltiplicatori fiscali. Secondo le linee guida dell’UE, Il 100% del costo del superbonus può essere considerato legato al clima, quindi contribuisce pienamente l’obiettivo che impone almeno il 37% del piano totale da destinare alla transizione verde.

Necessario ridurre la percentuale di detrazione

Ma la percentuale di detrazione è troppo elevata per essere una misura economicamente sostenibile: per come è attualmente impostata, il Superbonus riuscirebbe a ripagarsi addirittura dal 2100 in poi. Soltanto se le banche abbassassero il tasso di prestito al 2%, allora la misura si ripagherebbe nel 2067. L’altra alternativa percorribile è la diminuzione della percentuale di detrazione.

Spiegano gli autori dello studio che con la detrazione al 40% l’impatto ambientale sarebbe inferiore, ma ne gioverebbe l’analisi costi-benefici: “Supponiamo ad esempio che una detrazione del 40 per cento sia sufficiente a innescare la stessa quantità di ristrutturazioni tra i proprietari di case, e quindi ottenere lo stesso grado di risparmi energetici e riduzioni delle emissioni attualmente riportati nel Piano. In questo caso, per un costo totale di circa 5 miliardi di euro, i nostri calcoli indicherebbero una valutazione molto più ottimistica perché il restante 60 per cento del costo sarebbe a carico dei proprietari”. Oltretutto, ci sarebbero più fondi a disposizione per altre misure, maggiormente efficienti.

Bocciata anche la misura dell’efficientamento degli edifici pubblici, per cui è previsto un investimento di 1,21 miliardi a valere sulle risorse del PNRR: questo investimento dovrebbe ridurre le emissioni di 0,0108 milioni di tonnellate di CO2 a partire dal 2026, ma sembra essere molto inefficiente in termini ambientali anche adottando il SCC più alto, e anche in questo caso l’investimento non verrà ripagato prima del 2100.

OK al Parco Agrisolare e alle Comunità Energetiche

Pollice su invece per gli investimenti nelle rinnovabili, dai campi agrovoltaici alle CER. In particolare, l’investimento sul Parco Agrisolare, pari a 1,1 miliardi di euro, viene considerato una misura molto efficiente: esso verrà ripagato entro il 2028 con un tasso di prestito da parte delle banche al 2%, mentre nel 2067 se fosse al 5%.

Promosse anche le comunità energetiche rinnovabili: a fronte dei 2,2 miliardi di euro previsti per la spesa, si abbatteranno 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, ripagando così la misura entro il 2026, come per gli impianti off-shore. In questo caso il costo previsto per gli interventi è di 680 milioni di euro, con un beneficio di 0,29 milioni di tonnellate di CO2 risparmiate ogni anno.

Luci e ombre sulle infrastrutture

Spiega lo studio che l’efficientamento della rete ferroviaria, è finalizzato ad aumentare la quota di passeggeri dal 6 al 10%; ciò comporterebbe una riduzione delle emissioni di 2,3 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Il PNRR non esplicita però i dati sul traffico merci, rendendo impossibile il calcolo sul corrispondente abbattimento delle emissioni. In ogni caso, l’investimento, come per il Superbonus, non è solo finalizzato alla riduzione delle emissioni, ma anche ad aumentare l’accessibilità delle aree remote, in particolare al Sud, e favorire la convergenza economica tra le regioni a basso e ad alto reddito. Convergenza che però, senza investimenti sulle politiche economiche del Mezzogiorno, difficilmente si verificherà.

 

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